RISCHI E OPPORTUNITA’ PERDUTE NEL NUOVO CODICE DI AUTOREGOLAMENTAZIONE TV E MINORI   –   Intervista a Mario Russo

Da molti anni il Coordinamento genitori democratici rivolge una forte attenzioni all’evoluzione dell’universo massmediatico e partecipa agli organismi rivolti alla tutela dei minori nel campo della comunicazione .

Mario Russo, oltre a lavorare con il Cgd fin dal 1979, è stato anche componente del Consiglio nazionale degli utenti, presso l’Agcom, e attualmente fa parte del Comitato di applicazione del Codice Tv e minori, anche se precisa di intervenire a titolo personale.

Nei mesi di elaborazione della nuova proposta di Codice da parte delle emittenti ho accolto la richiesta di riservatezza, anche se sono convinto che temi di questo rilievo culturale si arricchiscano nei contesti di massima trasparenza e partecipazione. In questo momento (ottobre 2015), però, la proposta di revisione è stata trasmessa al Ministero per lo sviluppo economico, che la approverà recependola nella normativa  – cioè diventa una legge valida per tutti –  dopo avere acquisito il parere della Commissione bicamerale infanzia e adolescenza. Siamo perciò nella fase in cui si assumono decisioni politiche e in un sistema democratico in questa fase sarebbe intollerabile pensare di poter impedire a un cittadino di esprimere la sua opinione.

A Mario abbiamo chiesto perciò di discutere con noi dello schema di Codice di autoregolamentazione elaborato dalle emittenti, per capire se possiamo ritenerlo adeguato alle nuove esigenze di tutela dei minori di fronte a vecchi e nuovi media.

E’ indispensabile fare una premessa: il nostro sistema di tutela dei minori nei confronti dei media non si basa solo sull’autoregolamentazione da parte delle emittenti, attraverso l’adozione di un codice, di un organismo di controllo e l’ipotesi di eventuali sanzioni.  Ci troviamo piuttosto in un sistema di co-regolamentazione, nel quale accanto all’assunzione di responsabilità da parte delle emittenti esistono anche norme approvate dal parlamento. Lo stesso Codice è recepito nella legislazione ordinaria (il Testo unico della radiotelevisione) per cui la sua modifica segue una procedura molto precisa che, poiché prevede il parere della Commissione bicamerale, è ovviamente aperta alla partecipazione della collettività e prevede quindi la possibilità dei diversi attori sociali di rappresentare le proprie opinioni.

L’attuale Codice di autoregolamentazione Tv e minori è entrato in vigore nel 2012; quali sono i motivi per la sua revisione?

Le novità avvenute nel mondo dei media nell’ultimo decennio, successivamente all’adozione del Codice attuale giustificano l’urgenza di un aggiornamento.

Pensiamo, per esempio, al passaggio dall’analogico al digitale, con l’aumento quantitativo dell’offerta televisiva e il consolidamento dei canali monotematici, soprattutto quelli dedicati a bambini e ragazzi; come pure, alla diffusione dei nuovi media (web, smartphone, social network, ecc.) con riflessi anche sul mondo della tv per quanto riguarda la potenziale espansione della programmazione televisiva anche nel mondo internet.  Inoltre, sono sopravvenute innovazioni normative, derivanti da direttive europee e riguardanti sia le modifiche nei limiti di trasmissione di film sia le disposizioni sugli strumenti di parental control, tali per un verso da disallineare i riferimenti in materia contenuti nel codice e per altro verso da introdurre nuove categorie interpretative e classificatorie (per esempio, programma “nocivo” o “gravemente nocivo”). Infine, sono comparse nel contesto socio-culturale nuove problematiche educative che non sono considerate adeguatamente nel Codice vigente.

Come valuti la proposta di aggiornamento del Codice elaborata dalle emittenti?

Il nuovo Codice che viene proposto raccoglie alcune delle nuove esigenze evidenziate prima, in particolare quelle che riguardano la nuova articolazione della programmazione nel contesto della televisione digitale e dell’offerta di servizi ‘non lineari’. Inoltre, si armonizza meglio con le innovazioni normative intervenute nell’ultimo decennio nel campo della tutela dei minori, per esempio per quanto riguarda il parental control, evitando incoerenze nelle fonti di riferimento e quindi incertezze nell’applicazione del Codice.

Questo apprezzamento positivo, però, non esclude che ci siano dei punti che richiedono chiarimenti e approfondimenti ulteriori, allo scopo di evitare successive ambiguità di applicazione da parte delle emittenti e del Comitato.

Di quali punti si tratta?

Su alcune delle innovazioni introdotte nella proposta di nuovo Codice  il giudizio è negativo poiché introducono nel sistema di tutela elementi di squilibrio che, al di là delle stesse intenzioni, rischiano di indebolire l’efficacia complessiva del sistema di co-regolamentazione.

Queste valutazioni meno positive, in particolare, riguardo due aspetti di sistema di grande rilievo: la composizione del Comitato di applicazione e il sistema di classificazione dei programmi.

Cominciamo dalla composizione del Comitato, che attualmente è composto da 15 membri, con eguale numero di supplenti, con rappresentanza paritaria delle tre componenti: emittenti, istituzioni, utenti. Quali cambiamenti avverrebbero con il nuovo Codice?

Sono previsti 24 membri, di cui metà in rappresentanza delle emittenti e metà degli utenti e delle istituzioni. Questa ipotesi contrasta palesemente con un principio di equilibrio tra autoregolamentazione e co-regolamentazione (nel senso cioè di un Codice di autoregolamentazione che viene recepito dalla legislazione ordinaria): vale a dire, la distinzione o separazione tra controllore e controllato.

L’attuale Codice assicura una composizione equilibrata tra le componenti delle emittenti, degli utenti e delle istituzioni; al contrario, l’ipotesi di nuovo Codice attribuisce ai soggetti che assumono l’impegno (le emittenti) il peso preponderante anche nella funzione di controllo sull’effettivo rispetto di tali impegni, con la presenza numericamente meno influente dei rappresentanti di utenti e istituzioni.

Oltretutto, contribuisce ad assicurare la marginalità degli utenti anche la nuova disposizione che riserva l’indicazione dei supplenti solo per i rappresentanti delle emittenti e delle associazioni di categoria. Questo rende ancora più probabile, o quasi certa, la maggioranza delle emittenti in ogni riunione del Comitato, poiché non si potrà più ricorrere a membri supplenti per l’eventuale assenza di un rappresentante degli utenti e delle istituzioni.

Per quale motivo si vuole ridurre il peso dei rappresentanti degli utenti? Le emittenti vogliono avere le mani più libere per gestire le segnalazioni che arrivano dagli spettatori

Mi interessa poco fare ricorso a dietrologie o a processi alle intenzioni: piuttosto, credo sia più utile in questa fase sforzarsi di condurre un’analisi di sistema, per capire cosa cambia negli equilibri tra i diversi attori coinvolti e in che modo questo può riflettersi sull’efficacia del sistema di tutela.

E’ del tutto ovvio che il problema sollevato dalla nuova ipotesi di composizione del Comitato non riguarda la buona fede o la correttezza dei comportamenti futuri dei singoli componenti, ma il fatto che un organismo di controllo o di garanzia deve apparire fin dalla nella sua architettura formale conforme a principi di indipendenza e imparzialità. Questo, soprattutto quando si passa da un sistema di autoregolamentazione (come nel caso dell’autodisciplina pubblicitaria, che pure prevede un Giurì di esperti indipendenti e un comitato di controllo) ad un sistema di co-regolamentazione, con il recepimento del Codice nella normativa ordinaria.

In sostanza, qualora le disposizioni che regolano la nuova disposizione del Comitato fossero recepite nella normativa così come esposte nella presente versione provvisoria si finirebbe per dare sostanziale legittimazione all’idea che la funzione di controllo spetta in massima parte allo stesso controllato; non solo nel momento in cui deve conformare il proprio operato agli impegni autonomamente assunti ma anche in quello successivo del controllo sull’effettivo rispetto di tali impegni.

Inoltre, trovo che sia sempre un errore indebolire il pluralismo dei punti di vista e relegare, in questo caso, la voce degli utenti a semplice tribuna di testimonianza. Anche perché il valore culturale del Codice e dell’attività del Comitato nel campo della tutela dei minori si realizzano appieno quanto più riescono a interessare e coinvolgere settori sempre più ampi dell’opinione pubblica; altrimenti, tutto si riduce ad un’attività quasi amministrativa di verifica su eventuali violazioni del Codice che, seppure importante, non esaurisce certo il potenziale apporto culturale del sistema di autoregolamentazione, che invece è stato a cuore delle precedenti consigliature.

Proprio sul ruolo dell’attuale Comitato ci sono stati negli ultimi tempi interventi critici sulla stampa e su web, anche da parte di singoli componenti o di associazioni di utenti.

Ritengo opportuno in questo momento concentrarmi sul tema della modifica del Codice più che parlare di questioni interne al Comitato: oltretutto le mie opinioni sono contenute nei verbali, che credo siano consultabili.

Un altro aspetto rilevante che hai ricordato è quello della classificazione dei programmi. Di cosa si tratta?

Penso che sia il punto più controverso e, al tempo stesso, centrale rispetto all’impostazione del nuovo Codice.

Debbo premettere che, in un contesto di co-regolamentazione in materia di tutela dell’infanzia nel rapporto con i media, è importante prevedere sia che le emittenti o i produttori classifichino o certifichino i programmi, sulla base di criteri definiti, espliciti e conformi ai principi nazionali e internazionali emanati in materia di tutela dei minori; sia che possa svolgersi una successiva verifica da parte di organismi autorevoli e indipendenti, con la possibilità di risoluzioni o sanzioni nel caso di mancata osservanza degli impegni assunti.

Al contrario, la formulazione adottata dal nuovo Codice su questo tema contiene aspetti di ambiguità che, se non fossero chiariti, potrebbero vanificare la possibilità del Comitato di vigilare sull’applicazione delle regole stabilite dal Codice.

Per esempio, si afferma che le emittenti “adottano criteri condivisi di classificazione di programmi potenzialmente nocivi per i minori”, ma non si chiarisce con chi tali criteri debbano essere condivisi. Forse si vuole intendere che debbono essere condivisi tra tutte le emittenti, ma non è chiaro in che tempi e attraverso quale processo questa condivisione possa avvenire.

Inoltre, la classificazione preliminare dei programmi da parte delle emittenti, in termini di adeguatezza o nocività per i minori, regola l’adozione di specifiche segnaletiche o di accorgimenti tecnici. Il Comitato dovrenbbe vigilare sull’applicazione dei criteri di classificazione, ma poi si afferma tuttavia che “la collocazione di ciascun programma entro tali livelli di classificazione rientra nell’esclusiva discrezionalità editoriale dell’emittente”.

In altri termini, dall’attuale formulazione provvisoria potrebbe risultare che la vigilanza del Comitato debba esercitarsi solo sul riscontro se la segnaletica adottata ovvero la collocazione nelle fasce oraria di un programma sia corrispondete alla sua classificazione da parte dell’emittente: Verrebbe esclusa, invece, la possibilità che il Comitato contesti proprio tale classificazione e la ritenga inadeguata.

Si tratta di una possibilità solo teorica?

Niente affatto. Il Codice vigente lo consente, tanto è vero che l’attuale Comitato ha più volte adottato risoluzioni o inviato raccomandazioni che contestavano l’adeguatezza della classificazione del programma segnalato adottata dall’emittente.

Ci sono altri aspetti del nuovo Codice che non ti convincono?

Finora ho parlato delle due questioni che mi sembrano cruciali, ma ci sono certamente altri aspetti che meriterebbero di essere riconsiderati.

Accenno soltanto ad alcune questioni sulle quali la proposta del nuovo codice mi sembra inadeguata:  in merito alla partecipazione dei minori ai programmi televisivi non sono indicate regole per affrontare quei programmi sempre più frequenti che espongono bambini e ragazzi ad esibizioni ‘adultizzate e fortemente competitive, spesso canore; inoltre, si assumono impegni apprezzabili sulla qualità della programmazione per i minori, ma c’è silenzio su come verificare l’effettivo rispetto di tali impegni; ed ancora, si prevede che il Comitato possa promuovere campagne di sensibilizzazione sul tema Media e Minori, ma questa previsione è del tutto velleitaria in assenza di correlate disponibilità finanziarie, che al momento sono assenti dopo che è stata sciolta l’Associazione prevista dal Codice vigente per garantire il funzionamento del Comitato sul piano operativo e finanziario.

E adesso come dovrà procedere il percorso del nuovo Codice di autoregolamentazione?

Come ho ricordato prima, lo schema del nuovo Codice di autoregolamentazione sta per essere sottoposto all’esame della Commissione bicamerale per l’infanzia e l’adolescenza per un parere preliminare al recepimento del Codice nella normativa ordinaria attraverso un Decreto del Ministro dello sviluppo economico.

Mi auguro che in questa fase del processo i rappresentanti delle diverse forze politiche mettano in luce gli aspetti problematici della nuova proposta di Codice, in modo da indurre il ministro e le stesse emittenti ad un ripensamento virtuoso.

E’ importante perciò che le diverse forze culturali, con l’associazionismo in prima fila, facciano sentire la propria opinione alla Commissione,  chiedendo anche di essere ascoltati. La stampa e le associazioni di orientamento cattolico hanno già manifestato la loro contrarietà al nuovo Codice. Lo stesso, purtroppo, non si può dire per la componente culturale che un tempo definivamo laica e progressista.

Potresti chiarirci meglio questo punto?

Il Cgd si è sempre collocato in un’area politico-culturale che prende ispirazione dai valori di laicità, libertà di espressione e giustizia sociale contenuti nella nostra Costituzione. In questi termini si è sempre impegnato su molti fronti attorno al tema del rapporto dei minori con le nuove tecnologie della comunicazione. Marisa Musu affermava che occorre “migliorare il pubblico per migliorare la Tv”, nel senso di un impegno quotidiano per sensibilizzare e rendere consapevoli i consumatori di media (e soprattutto i genitori) attorno alle straordinarie opportunità educative e ai rischi correlati.

Ho l’impressione, invece, che nei giornali e tra i politici che fanno riferimento all’area che per abitudine continuo a chiamare laica e progressista ci sia molto interesse per i destini televisivi di un programma o di un conduttore (come se coincidessero con i destini della democrazia), mentre non vedo attenzione o mobilitazione sulla questione della tutela dei minori, quasi che si trattasse di un tema potenzialmente portatrice di istanze censorie.

Credo che questo è un errore: sia perché la sicurezza in rete o nel consumo televisivo è condizione per la libertà nella fruizione di vecchi e nuovi media da parte di bambini e ragazzi; sia perché l’attenzione alla qualità dell’offerta mediatica, anche nei programmi generalisti, mette in luce meccanismi economici e culturali che influenzano nel profondo la nostra evoluzione sociale.

In ogni caso, spero di sbagliare e sarei felice di essere smentito dai fatti,  magari proprio in questa occasione di cambiamento del Codice Tv e minori.

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