I classici “ridotti” a twitt

Allegro e serissimo (così lo definisce Loredana Lipperini), il gruppo che si è creato attorno all’esperimento di twitteratura.it sui “Promessi sposi” (il libro più odiato dagli italiani), durato quattro mesi, e che ha lasciato dietro di sé la simpatia tipica delle compagnie affiatate. L’idea di  riscrivere Manzoni su twitter ha avuto un successo strepitoso: più di 100 mila “composizioni” degli studenti di venti scuole superiori. Partecipazione ed entusiasmo insperati e significativi, se si considerano il tedio, l’insofferenza che lo studio dei classici troppo spesso suscita tra i banchi (“Nulla di più facile che definire un “classico” in letteratura – ammonisce Umberto Eco: è un libro che tutti odiano perché sono stati costretti a leggerlo a scuola”). Basta poco per “rianimare” gli autori più eminenti, e si tratta di una restituzione fondamentale, giacché privare i contemporanei del conforto dei classici (ridotti a mummie repellenti da una didattica cimiteriale) significa rinunciare non a qualcosa di importante che rimanda al passato, ma a qualcosa di fondamentale, che resiste al presente, in opposizione dialettica alla contingenza, al modus, cioè al moderno e alla moda.

Portare con sé i classici, averli in sé, esserli significa dotarsi di potentissime difese contro il rischio, sempre più incombente dell’omologazione e della miseria esistenziale, significa sottrarsi alla reazione prevedibile e “immediata” di chi sia succube dell’impressione momentanea, disarmato di fronte al presente, confuso nell’attualità, fino a diventarne schiavo; di chi non sappia distanziarsi criticamente, assumere un punto di vista “altro”, aprirsi a una diversa o più ampia prospettiva. Leggere i classici non è un modo di gettare “i morti in faccia ai vivi”, per dirla con Leopardi, significa invece contraddire la tirannia del momento, elevarsi oltre la consuetudine più prosaica … e se per riabilitarli può essere utile l’“esercizio di stile”

propiziato ludicamente da un nuovo “formato”, non se ne dolgano i puristi, e rammentino gli insegnamenti di un grande maestro, Gianni Rodari che ci ha spiegato l’importanza di giocare con i testi, anche i più “sacri”.

Il prossimo libro da raccontare sarà proprio: “Favole al telefono”… Gianni si sarebbe divertito moltissimo.

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