Considerazioni del CGD Nazionale sul piano “La Buona scuola”

Il Coordinamento Genitori Democratici saluta con favore il fatto che nel documento “La buona scuola ”non si parli  di “tagli” ma di investimenti  nella scuola, in controtendenza con ciò che è stato fatto negli ultimi anni e che si dedichino pagine di proposte e riflessioni al pianeta scuola.

Tuttavia spesso l’intero documento risente dell’ambizione  di partire dall’anno zero , non riconoscendo che il lungo , travagliato ma impegnativo percorso effettuato finora, ha rappresentato e rappresenta , con luci ed ombre, un patrimonio pedagogico importante, da cui partire se si vuole anche gestire il cambiamento.

In tutto il documento manca un riferimento, esplicito  ed assolutamente decisivo, a : quale idea di scuola ? e con quale funzione?

Il rischio sotteso al tutto ci sembra invece sia una scuola sempre più ipercognitivista (di tutto e di più, e “tutto” il sapere come se questo fosse “finito”, cioè inculcabile interamente dentro le teste recipienti di discenti passivi);  prestazionista, con studenti chiamati a fornire performance, peraltro standardizzate, omologate ed omologanti;  funzionalista, con una mission di preparare, anzi di addestrare  lo studente al mercato del lavoro :  non al mondo del lavoro, che è altra cosa, ma al “mercato”cioè alla declinazione congiunturale  del lavoro – circoscritta nei tempi e nei luoghi con una malintesa attenzione al territorio.

Scenario peraltro segnato comunque da un dato epocale inequivocabile: la mutazione continua dei profili delle professioni e dei mestieri, la obsolescenza  travolgente  delle competenze.

Come peraltro evidenzia drasticamente l’altra grande riforma in via di approvazione, il Jobs Act , con il quale, in tal senso, la riforma della scuola dovrebbe marcare invece una coerenza politica.

Non possiamo non sottolineare in tal senso che in tutto il documento manca qualsiasi riferimento all’educazione permanente, al lifelong learning, paradigma non dettato dall’Europa , ma obiettivo necessario di ogni società della conoscenza. Infatti, parlare di scuola, oggi, pensando solo ai SOGGETTI IN ETA’ EVOLUTIVA, è fuorviante, se è vero che oggi, in tutte le società avanzate, TUTTI sono tenuti ad apprendere e per tutta la vita

Crediamo vada posta, a quadro e sostanza di sfondo di una moderna riforma della scuola, una idea di scuola che voglia dire:

– e-ducere i giovani, accompagnarli in mare aperto;  liberarli al pensiero autonomo e    critico

– una Scuola che non distingua fra educazione e istruzione: non si dà percorso di

istruzione che non   modifichi la personalità del discente e quindi lo educhi

– una Scuola che educhi prima di tutto alla cittadinanza, a un vissuto permeato di valori  forti e non   negoziabili:  il senso della libertà, il senso della solidarietà e della disponibilità al confronto con   l’Altro, il senso della legalità

– una Scuola che produca un apprendimento critico e consapevole delle tecnologie

– una Scuola della autonomia intesa come valorizzazione delle differenze e non come divaricazione   delle opportunità.

– una Scuola in cui si acquisisca un metodo ( imparare ad imparare)

– una Scuola che non sia ordinamento produttivo delle conoscenze; in cui si coltivi la persona, il   futuro cittadino e lavoratore come bene individuale e bene collettivo.

– una Scuola che stimoli il desiderio del sapere.

– una Scuola che non serve (che non è serva) ma istruisce, forma, educa.

Nello specifico:

E’ senz’altro positiva   la decisione di attivare un piano straordinario di assunzioni (pur non privo di asprezze verso alcuni;  ad esempio gli abilitati con il TFA, ignorati e lasciati soli in campo aperto) che prevede l’assorbimento di tutti gli iscritti alle GaE e degli idonei all’ultimo concorso; decisione senz’altro sollecitata dalle imminenti decisioni del giudice europeo, ma che comunque ha il merito di sanare una situazione di precariato ormai insostenibile.

A proposito dell’utilizzo di questo personale, il documento riparla di organico funzionale. Mancando ulteriori precisazioni sul tema  bisogna chiedersi FUNZIONALE A CHI o a COSA?

Se serve solo a coprire le supplenze, la scuola italiana non avrà fatto dei passi avanti se non nel garantire la mera custodia dei nostri ragazzi .

Se è utile per assorbire docenti di classi di concorso in via di estinzione che avrebbero il solo esito di rendere più “obesi” i curricoli degli allievi, non modifichiamo l’esistente.

Se si parla invece  di organico funzionale in relazione alla rete di scuole ed al loro progetto formativo abbiamo allora  la necessità di definire, in tempi di grande confusione amministrativa e di cattiva ricaduta dell’applicazione del Titolo V, cosa intendiamo per Rete.

Ed  una volta ridisegnata, abbiamo inoltre il dovere di definirne la governance con idoneo disegno legislativo.

Proponiamo siano i consigli di istituto delle scuole in rete a varare dei patti formativi territoriali e ad usare le risorse rappresentate dall’organico funzionale e non i soli dirigenti.

Nel documento si prevede di riformulare il “ quadro delle competenze , nei diversi stadi della loro carriera” e di ridisegnare lo status giuridico dei docenti .

Poiché tale ultimo aspetto investe modalità di reclutamento, funzioni, trattamenti economici, progressioni di carriera e mobilità  si ritiene necessario, nel rispetto di uno Stato democratico,   che tali materie siano oggetto di una contrattazione con le forze sindacali e non affidate alla solo competenza di non ben identificati esperti del settore.

I dirigenti scolastici che avranno pieno potere nello scegliere i docenti attribuendo meriti e crediti e lo stesso nucleo di valutazione tutto interno all’istituzione scolastica garantiranno equità e imparzialità  di giudizio? E  i   docenti    messi   in

competizione tra loro  difenderanno  comunque  i principi di  pluralismo e di  libertà

di insegnamento, cardini della democrazia interna della scuolaE soprattutto un tale clima competitivo sarà capace di creare un ambiente di apprendimento sereno per i nostri figli?

Salutiamo con favore l’idea della formazione costante ed obbligatoria per i docenti, ma per essa vanno garantite risorse certe.

Né si può accettare che la formazione non abbia obiettivi chiari, coerenti con le offerte formative delle singole scuole o delle reti e dei piani di miglioramento delle scuole stesse, stilati dopo l’opportuna valutazione/autovalutazione. Riteniamo imprescindibile che nella formazione compaiono nodi tematici relativi alla comunicazione, alla gestione d’aula, alle nuove metodologie didattiche e relazionali. La stessa formazione dovrà essere oggetto di valutazione.

Nel merito della  valutazione vale la pena fare alcune considerazioni:

quale modello di scuola intendiamo valutare? Quella formativa che promuove il pensiero critico e divergente, che mira alla crescita della persona, alla formazione del cittadino consapevole? Oppure una scuola meramente addestrativa che mira al raggiungimento di taluni obiettivi minimi di base?

Un sistema di valutazione serio deve distinguere bene cosa valutare: apprendimenti degli studenti, valutazione della scuola, valutazione del sistema. Per fare questo occorrono mezzi, strumenti e personale adeguato.  Purtroppo constatiamo che fino ad oggi la valutazione ha riguardato solo i ragazzi. Gli esiti delle prove Invalsi sono stati usati come strumento docimologico nei confronti degli alunni.

In tal senso il CGD si fa promotore di una richiesta di riforma a costo zero che abolisca il voto numerico di gelminiana memoria almeno nella scuola primaria di primo grado e nella secondaria di primo grado.

Ribadiamo che nei nuclei di valutazione delle singole istituzioni scolastiche deve esserci la presenza della componente genitori (e di quella studentesca nelle istituzioni scolastiche di 2° grado) secondo regole da normare debitamente.

Si parla della governance della scuola  in termini solo negativi come sinonimo “ di immobilismo, di veto, di  impossibilità di decidere alcunchè” (pg.71)

Consapevoli di una necessaria riforma degli OO.CC. temiamo che ai genitori venga precluso ogni spazio di confronto. La loro rinnovata partecipazione almeno a livello “ contributivo”, che permette concretamente il funzionamento delle scuole pubbliche, dovrebbe sollecitare il legislatore a percorrere la strada dell’ inclusione e non dell’allontanamento; la componente genitori e  degli studenti devono essere garantite, attraverso la loro presenza strutturata, la partecipazione alle scelte di indirizzo dell’istituzione scolastica e  spazi democratici di confronto nei consigli di classe/interclasse, nei consigli di istituto presieduti da un genitore, nei comitati genitori e nelle assemblee, ferme restando le distinzioni tra compiti di indirizzo e di gestione.

Per quanto riguarda forme nuove di volontariato di genitori nelle scuole, molte esperienze derivanti da protocolli tra Enti locali e scuole, ne dimostrano importanza e  positività. E’ importante però che venga regolamentato e tutelato e non sia sostitutivo di altre forme di partecipazione. Così come è importante investire ed informare i

genitori in merito al bilancio sociale della scuola,  previsto nel documento in esame quale quota parte del MOF ( Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa).

Nel documento si parla di “scuole aperte” per varie attività e con il coinvolgimento di realtà territoriali, pubbliche e private.

Tale prospettiva,  sperimentata da tempo in molte realtà scolastiche, può ritenersi positiva; però  la presenza esterna deve essere concordata con la scuola e coerente con gli obiettivi contenuti nel piano formativo. “Scuola aperta” non deve significare il semplice affitto dei locali  o  una azione di interesse puramente economico, avulsa da ogni utilità per la scuola e per gli stessi studenti, né le attività formative deliberate potranno costituire elemento di discriminazione economica per gli utenti.

Grande assente  nel dibattito che si apre è il segmento 0/6 che pure è oggetto di discussione parlamentare.

Nasce spontanea la considerazione che non si può più parlare per segmenti separati, ma è oramai inderogabile un riordino dei cicli scolastici che preveda l’uscita dal circuito dell’obbligo a 18 anni senza inutili e pericolose abbreviazioni del percorso esistente. In tal senso andrà rivista l’attuale normativa sull’apprendistato priva di un reale piano di formazione.

E’ altresì inderogabile una valutazione, parlamentare e democratica della riforma Gelmini dell’istruzione superiore di cui quest’anno si chiude il primo quinquennio.

Non si può non verificare e valutare se e quanto siano stati utili i tagli nelle discipline e nelle ore di laboratorio.

Sulla proposta “ che, a certe condizioni, risorse private possano contribuire a trasformare la scuola in un vero investimento collettivo” nasce una domanda: Quali sono le “condizioni per ricevere tali risorse? Si parla di bonus , di Fondazioni, di offerte a settori privati per investimenti in risorse umane o finanziarie.

Già la proposta di legge Aprea su tali argomenti aveva raccolto , da più parti, forti contestazioni; si rischiano gli stessi esiti:  bisogna fugare ogni zona d’ombra, affermando in primis che ogni forma di contributo, sotto qualsiasi voce sia inclusa, non condizioni in alcun modo il piano dell’offerta formativa della scuola stessa e la sua governance.

Senza giusti “paletti” e criteri trasparenti di controllo si potrebbero creare situazioni sperequanti tra scuole “ricche” o “ povere”, criteri nazionali di perequazione tra i territori vanno previsti tenendo conto in particolare delle zone a rischio socio/economico.

La scuola può aprirsi al territorio ma deve mantenere le proprie caratteristiche e i propri valori, a garanzia dell’equità , del pluralismo e del suo carattere di bene pubblico al servizio dell’intera collettività.

 Il consentire a “privati” il sostegno economico alle scuole  non deve allontanare lo Stato dalla sua responsabilità costituzionale.

Non si fa cenno nel documento alle misure di cui servirsi per agevolare l’inclusione multi- etnica nelle scuole ( questione di particolare rilievo) né si prevedono  provvedimenti

concreti da adottare per salvaguardare i diritti dei bambini e ragazzi portatori di handicap.

Ci auguriamo, infine, che la consultazione avviata non sia solo di “immagine” ma tenga conto delle proposte che perverranno da chi ha competenza, esperienza e responsabilità in materia, per dirla con termine anglofono, degli stakeholders riconosciuti; che prevalga, quindi,  una reale democrazia partecipata.

Allora si, che la buona scuola diventerà patrimonio comune di  tutta la collettività.

14 Ottobre 2014

 COORDINAMENTO GENITORI DEMOCRATICI –CGD NAZIONALE Onlus

 

 

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