APPELLO ai massimi Organi Istituzionali sulla manifestazione del 4 dicembre (approvato dal Congresso nazionale 8/11/15)

camera deputati

 

Assistiamo da mesi, preoccupati e attoniti, a un attacco violento e organizzato contro qualsiasi espressione della libera scelta di ciascuno di autodeterminarsi, nel rispetto della legge e del vivere comune, in materia di affetti e scelte di vita.

Un’organizzazione dai contorni sfumati e opachi, che si muove con la pericolosità di una valanga, agita nelle piazze, nelle scuole e in tutti i contesti sociali possibili, la cosiddetta “teoria del gender”. Se infatti si può serenamente affermare che non esiste una teoria del gender, si può altrettanto tranquillamente chiarire che esistono studi scientifici volti a ribadire che non esiste un solo modo di essere uomini o donne ma una molteplicità di esperienze e identità, varie nel tempo e nello spazio.

La lucida fotografia di questa ineludibile realtà, è stata stravolta e demonizzata ad hoc in modo strumentale e pericoloso. Secondo i sostenitori della “teoria del gender”, persino  l’O.M.S. e  le Istituzioni del nostro Paese si muoverebbero per diffondere a scopo di indottrinamento una linea educativa volta ad azzerare le differenze di genere e ad istigare a una sessualità definita anomala, precoce e insana.

In realtà è facile osservare come, ancora una volta,  la sovranità delle Istituzioni laiche della Repubblica sia posta in una condizione di pressione inaccettabile in un delicato passaggio legislativo: quello legato alla proposta di legge per le unioni civili in discussione in Parlamento.

Di fatto la campagna diffamatoria in atto nasconde, dietro il diritto insindacabile di credere nella famiglia tradizionale come unico modello possibile, l’odiosa pretesa che altri non abbiano lo stesso altrettanto insindacabile diritto di fare scelte diverse, dettate da orientamenti sessuali diversi, convinzioni morali, etiche e sociali non rispondenti all’omologazione convenzionale.

Il punto più basso di questa campagna di odio verso le innumerevoli forme di famiglia di cui la nostra società è composta, sarà raggiunto il prossimo 4 dicembre Roma, quando gli aderenti a questa sommossa impediranno ai loro figli di andare a scuola per protesta.

Si dice che in quella giornata di sciopero bianco i bambini si asterranno dalle lezioni gettando in aria i loro zainetti in segno di difesa delle scelte educative dei propri genitori. Ci chiediamo cosa proveranno in quella giornata  i compagni e le compagne di classe di tutti i giorni, nel vedersi identificati come qualcosa di impuro e inaccettabile. Cosa proveranno i figli delle ragazze madri, dei ragazzi padri, dei separati, degli omosessuali, di genitori non sposati, quelli che vivono in famiglie allargate, gli stranieri. E ancora, ci chiediamo come potranno i docenti che tanto lavoro spendono quotidianamente in  termini di inclusione, condivisione, cooperazione, ricucire uno strappo tanto aberrante.

La motivazione addotta dai promotori risiede nel rifiuto di riconoscere valido il disposto del comma 16 dell’art. 1 della legge 107/2015:

“Il piano triennale dell’offerta formativa assicura l’attuazione dei principi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori sulle tematiche indicate dall’art. 5, comma 2, del decreto legge 14 agosto 2013 nr. 93 ….omissis….”

Denunciamo

con convinzione e con apprensione estrema, la pericolosissima deriva razzista, omofoba e discriminatoria che si cela dietro l’apparente innocenza della rivendicazione di un diritto educativo di esclusiva pertinenza della famiglia.

La scuola è di fatto il luogo in cui le diverse culture, inclinazioni, attitudini, esperienze vengono condivise, elaborate in una sana miscellanea di rapporti educativi e morali e declinate in arricchimenti personali dal valore inestimabile.

Nelle nostre scuole, piaccia o meno, vi sono studenti che appartengono a famiglie tradizionali, monoparentali, di separati, di divorziati, allargate, di omosessuali, di stranieri e molto altro ancora. Tutte le bambine e tutti i bambini, tutte le ragazze e tutti i ragazzi, hanno il diritto di essere rispettati e di veder rispettati i loro vissuti, i loro affetti, le loro inclinazioni personali, umane e sociali.

Ci preme dunque ricordare il disposto  della Carta Costituzionale in materia:

Art. 2 “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità ….omissis….”

 Art. 3”Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge , senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana ….omissis……”

 Art. 34”La scuola è aperta a tutti. …..omissis….”

Esprimiamo con forza la nostra preoccupazione perché l’odio, l’istigazione all’esclusione, il rifiuto di riconoscere l’altro come pari, sono inaccettabili nella nostra società e lo sono ancor di più nel contesto educativo scolastico.

Il nostro appello al pubblico rifiuto di questa manifestazione di intolleranza si rivolge dunque alla società civile, alla sensibilità di coloro che hanno a cuore l’inviolabilità dei diritti di tutte le bambine e di tutti i bambini, di tutte le ragazze e di tutti i ragazzi, ma si rivolge soprattutto alle Istituzioni della Repubblica che hanno il dovere di far rispettare questo diritto.

Il nostro appello si rivolge dunque, in primis, al Presidente della Repubblica Italiana affinché eserciti con forza il suo ruolo di garante dei diritti sanciti dalla Carta Costituzionale, prima ancora che dal comune senso della giustizia sociale.

 

 

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